Trama

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    I primi cinque capitoli sono stati pubblicati a partire dalla trama svolta sulla piattaforma Facebook a partire dalla data di fondazione del GdR: 4 agosto 2015.



    Edited by Elemental! - 30/4/2018, 23:34
     
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    CAPITOLO 1: CONFINI



    La cittadina di Adamantane era circondata da una muraglia enormemente alta, di cui a stento si riuscivano a vedere i contorni, poiché sembrava fondersi col cielo turchese del giorno. I mattoni erano dipinti con dei coloratissimi graffiti, raffiguranti i più disparati panorami naturali: alberi, fiumi, mari, deserti... Tuttavia, non era stato fatto alcuno sforzo per rendere quei disegni verosimili in qualche modo: in alcuni punti la pittura era sbiadita, in altri consumata dal tempo tanto da lasciar trasparire il grigio del cemento sottostante.
    Quelli erano i confini del mondo.
    Nessuno aveva mai osato superarli, poiché avrebbe trovato soltanto vuoto e desolazione infinita.

    La muraglia era oggetto di forte interesse da parte di Lead, uno degli studenti più anziani dell'Accademia Elementale. Egli passava molto tempo a contemplarla: la toccava con le mani, vi posava la fronte, quindi rotolava goffamente su se stesso per adagiarvi la schiena. Era un ragazzo corpulento, Lead, e nemmeno troppo intelligente. In quella scuola di superdotati era decisamente tra quelli più sminuiti e messi da parte, anche per via del suo potere così peculiare: era capace di generare allucinazioni al tocco, ma a lungo andare era rimasto segnato egli stesso da quelle tremende visioni.
    Così se ne stava da solo, spesso, anche senza rendersene conto: non aveva ancora realizzato che tutte le immagini bizzarre che vedeva fossero solo frutto della sua immaginazione. Lead, nella sua mente, aveva tanti amici: aveva dato loro dei nomi e sapeva in quale luogo riposavano, per poterli andare a trovare. E così, le sue giornate erano fatte di visite e di divertenti discussioni tra se stesso e ciò che gli sembrava di vedere.

    «Lead ama la muraglia. La muraglia capisce Lead.»
    Lo si sentiva sussurrare, mentre congedava l'enorme parete con una carezza un po' goffa, con la mano bene aperta e tesa. Quindi tornava indietro, per la tappa successiva di quel suo viaggio quotidiano.
    Un giorno, tuttavia, la monotonia del percorso venne spezzata da una voce, proveniente con ogni probabilità dall'edificio che Lead stava costeggiando.
    «Cosa diavolo significa?!»
    Il tono era incisivo pur se sussurrato, e trasudava agitazione.
    "Perché lo venite a dire a me? Siete impazziti?»
    Quindi un silenzio prolungato, che diede il tempo a Lead di fare un veloce referendum tra i suoi compagni immaginari su chi potesse essere la fonte di quel fiume in piena di parole e di cospirazioni.
    «...Sì. Perdonatemi. Ma, con il dovuto rispetto, non mi sento minimamente coinvolto in tutto ciò. Sto svolgendo il compito che mi avete assegnato nelle modalità che mi sono state prefissate. Se i risultati non vi soddisfano di certo non è a causa dell'addestramento degli Elementali. Se le vostre macchine da guerra non sono forti quanto speravate forse avreste dovuto scegliere delle prede più adatte /prima/ di spedirmeli qui! Quindi la situazione in cui vi ritrovate adesso è stata una diretta conseguenza della vostra sventatezza e delle falle nel /vostro/ sistema, non nel mio! Siete stati superficiali, ed è per questo che è stato possibile migliorare il meccanismo a partire dalla vostra base! Quindi provvedete ad inventarvi qualcosa prima di venire banalmente schiacciati come moscerini. E non dovrei essere io a dirvi queste cose.»
    Quindi un tonfo, ed un'esclamazione di frustrazione. Il preside Bunsen non era mai stato noto per la calma e la cortesia, ed in quel momento meno che mai, poiché sembrò alzarsi di fretta dalla poltrona ed allontanarsi, per sbraitare a chissà quale malcapitato.

    Lead aveva ascoltato tutto, intercalando ogni tanto con una delle sue solite frasi a mezza bocca prive di senso.
    «Lead non è macchina da guerra. Lead è buono.»
    Diceva, con un tono dispiaciuto e colpevole. Solo dopo diversi minuti trovò opportuno allontanarsi per proseguire il giro.

    Furono sufficienti poche ore ed ogni Elementale fu a conoscenza del fatto accaduto. La diffusione si era diramata in due diverse versioni: la prima, ossia che fossero solo ed unicamente pedine nelle mani di una forza sconosciuta, e la seconda, che Lead fosse diventato completamente matto.


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    Edited by Elemental! - 1/5/2018, 13:35
     
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    CAPITOLO 2: I SOTTERRANEI



    Le voci si erano sparse a macchia d'olio a causa di Lead, lo studente che, a detta del preside Bunsen, parlava davvero a sproposito.
    In quel preciso istante, il preside se ne stava comodamente seduto sulla propria poltrona. La fronte corrugata, gli occhi pieni di rabbia: il preside Bunsen non poteva fare a meno di pensare a quanto fosse stato sprovveduto nel lasciare quella maledetta finestrella aperta. Da quel momento l'aveva tenuta sempre chiusa, e nessuno avrebbe più potuto ficcare il naso nei suoi affari importantissimi quanto segreti. Il preside Bunsen non era uno sciocco, e sapeva benissimo che da una piccola scintilla era possibile appiccare un incendio. È per questo motivo che aveva ordinato che Lead venisse condotto nel suo ufficii. Prima d'ora, nessuno studente era mai stato convocato nel proprio rifugio protetto da una porta blindata con tanto di codice.
    Non appena vide il ragazzo gli rivolse un sorriso mellifluo, quasi carico d'affetto, come se volesse metterlo a suo agio in un modo o nell'altro.
    «Sei diventato molto popolare qui in accademia, sai?», si congratulò con lui, non senza una punta di sarcasmo: «È ora che però ti mostri qualcosa, ragazzino. La popolarità ha un caro prezzo qui all'Accademia Mendeleev!».
    L'uomo, scortato da alcuni custodi del college, condusse Lead nei sotterranei dell'imponente edificio. Anche quelle erano zone piuttosto private, fuori dalla portata degli Elementali. I sotterranei, pieni di polvere, erano quasi dimenticati dal mondo, e gli unici abitanti erano piccoli ratti grigi.
    Lo condusse in una stanzetta buia dove probabilmente gli amici immaginari del ragazzo non avrebbero potuto raggiungerlo. Era difficile distinguere persone e oggetti in una stanza così cupa, ma subito un assistente del preside fece entrare un po' di luce dall'unica finestrella della stanza. I più sensibili avrebbero comunque potuto avere un attacco di panico o di claustrofobia, perché non sembrava passare neanche un filino d'aria.

    I pallidi raggi lunari illuminavano debolmente la stanza, giusto il necessario per permettere al preside Bunsen e al giovane Lead di poter vedere una figura che, si andava definendo nell'oscurità. Paradossalmente, di fronte a loro era appena comparso un altro Lead. Aveva la stessa, identica statura, i capelli scuri e gli occhi vispi dell'originale, ma non era un Lead spensierato e distratto: era spaventato, terrorizzato, agghiacciato.
    «Quello non sei tu, Lead» lo avvertì il preside Bunsen «Ma potresti esserlo, quindi presta attenzione a quello che vedrai».
    Ciò che ne seguì fu semplicemente, tremendamente atroce, e fu possibile udire delle urla strazianti per tutta l'Accademia. Erano disumane urla di dolore, un dolore atroce subito dal clone di Lead. Eppure quella copia non aveva un cervello né un cuore; se un clone soffriva in quel modo così atroce, come sarebbe invece stato per un Elementale?

    Al termine di quello spettacolo macabro, il preside Bunsen posò una mano sulla spalla del vero Lead con decisione, affondandovi le unghie, incurante del fatto che quel ragazzino quasi impazzisse al contatto fisico.
    «È questo ciò che potrebbe accadere a chi sparge voci del tutto insensate. Non si dicono le bugie, Lead, e so che tu sei molto buono e non vuoi raccontare frottole in giro! Il preside Bunsen ha soltanto voluto mostrare a Lead cosa potrebbe accadere a chi si comporta in modo scorretto. Non si tratta di rompere un vetro, stavolta. Questa è pura diffamazione. Io non so cosa hai capito, ma io non ho /mai/ detto delle cose così illogiche e meschine. Sono il vostro preside, non il vostro carnefice! Sei avvisato, ragazzo. Adesso puoi andare, ma soprattutto puoi - o meglio, /devi/ - tacere. Potrai raccontare agli "amici della muraglia" ciò che hai visto se proprio lo desideri, ma non agli Elementali».

    Con un sorrisetto compiaciuto il preside Bunsen concesse a Lead di andare via. Spaventandolo, avrebbe guadagnato il suo silenzio, il suo rispetto, ma soprattutto il suo timore.
    Il preside Bunsen non era un semplice burattino con cui giocare. I burattini, le pedine, le vere "macchine" del gioco erano tutti coloro che vivevano in Adamantane. Toccava solo ed esclusivamente al preside Bunsen avanzare con la mossa successiva, e non di certo a qualche studente ribelle o con la lingua biforcuta!

    In Accademia chiunque, tra chi continuava a sostenere che Lead fosse folle e chi, al contrario, credeva che avesse semplicemente ragione, aveva udito le urla strazianti di quella sera che, apparentemente, sembrava una sera come tante altre. Urla atroci, raccapriccianti, strabordanti di sofferenza e dolore, provenienti dal fondo dei sotterranei.
    Come si poteva dubitare ancora?

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    Edited by Elemental! - 1/5/2018, 13:37
     
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    CAPITOLO 3: PERCENTUALI



    La finestra era chiusa, ormai. Nessuno l'aveva più vista riaprirsi da quell'infausto giorno che aveva destato qualche problemino da niente all'Amministrazione dell'Accademia. Niente di preoccupante e, soprattutto, niente che non fosse già stato prontamente risolto. Ormai quella mente bacata dell'Elementale del Piombo era stata sufficientemente sconvolta da rendere pressocché impossibile la probabilità di venir preso sul serio dagli altri.
    La finestra era chiusa ed oscurata. Solo osservando dall'interno si poteva avere speranza di distinguere, più o meno nettamente, ciò che si svolgeva in quella esigua porzione di giardino che separava l'edificio dalla Muraglia. Raramente qualcosa si muoveva, in quel paesaggio dai toni tetri e distorti: per paura, forse, quasi nessuno osava percorrere proprio quella strada: si preferiva raggiungere la meta, qualsiasi essa fosse, per altre vie.

    Il Preside Bunsen amava passare il suo tempo ad osservare quel desolato panorama, giocherellando distrattamente con un modellino, composto da tre palline di colori diversi (due piccole, bianche, ed una più grande, rossa) legate insieme da dei tubi di plastica: la molecola dell'acqua, il componente principale di ogni forma di vita umana. Mentre studiava con le mani quel curioso oggetto, la mente solitamente vagava, in pensieri conosciuti solo a pochi eletti, ma che principalmente riguardavano il futuro di quell'Accademia, in un modo o nell'altro.
    L'acqua costituiva il mattone basilare per la vita che tutti lì conoscevano; eppure in quell'area ristretta che era Adamantane, tenuta rigorosamente sotto osservazione dai suoi superiori, Bunsen era riuscito a dimostrare che la vita non era definita univocamente, ma che si diramasse nelle specie più disparate. E se la vita /umana/ era basata su quel fatidico 65% di acqua, quella /elementale/ aveva un buon 30% di calcio, magnesio, uranio o chissà quale altra sostanza.
    Era tutto possibile. In qualsiasi forma o con qualsiasi risultato.
    Era tutto un gioco di percentuali.
    Ed ogni bravo ricercatore non si ferma al primo traguardo, ma continua a scavare nell'abisso dell'ignoto, e a comprendere che cosa altro si può fare.
    Per questo motivo, forse, in quella stanza normalmente cupa e silenziosa, erano stati riuniti tutti i collaboratori del Preside, tra segretari, professori ed allenatori. Tutti attendevano che il capo del progetto, seduto di spalle in quella sua enorme poltrona girevole, comunicasse il da farsi.

    «Credo sia ampiamente noto a tutti voi ciò che abbiamo appreso dalla Sede Centrale, e quanto sia importante agire in fretta, ma con estrema discrezione. Ho appreso che anche l'ultimo tentativo di creare Neptunium è fallito, ed il soggetto non ha resistito all'iniezione. Evidentemente, il suo corpo non era abbastanza forte per quella dose. Mi rendo conto che, al momento, possediamo delle risorse elementali piuttosto mediocri: sarebbe veramente improbabile vederli raggiungere il nostro obiettivo, quando arriverà il Giorno. Dobbiamo dunque rinforzare gli Elementali, renderli spietati e combattivi. Per questo motivo...»
    Un respiro profondo, mentre le mani filamentose andavano a stringersi attorno al modellino.
    «...Che venga aperta la camera delle simulazioni.»

    Bunsen lasciò riecheggiare quella frase, un po' dalle pareti ed un po' dai mormorii attoniti dei suoi sottoposti. A quel punto fece roteare la sedia, mostrandosi finalmente a loro e posando la molecola d'acqua sulla sua scrivania. Si alzò, con una lentezza studiata ed un cipiglio severo, e solo allora continuò a parlare.
    «Ognuno di voi, quotidianamente, raggrupperà degli Elementali e li farà entrare nella camera. Saranno organizzate tre prove, per testare la loro prontezza, la loro collaborazione e, per concludere, la loro spietatezza. Voi dovrete osservarli, e rendere le cose più complicate possibili, affinché si abituino alla sofferenza e si irrobustiscano. Al termine della giornata voglio tutti i resoconti sulla mia scrivania. E' tutto chiaro?»

    Al primo cenno di assenso, un po' stizzito, da parte dei suoi dipendenti tornò seduto, riprendendo nuovamente il modellino tra le mani e tornando di spalle. Solo dopo lunghi istanti di silenzio sembrò ricordare un punto importante e quindi si affrettò ad aggiungere:
    «Oh! E nel caso si rifiutassero--- Beh, sapete come comportarvi.
    Ci potranno essere comunque utili.»

    Sorrise di macabro divertimento ed abbassò lo sguardo sulla molecola, stretta tra le sue mani. Rimase in silenzio, tornando a guardare fuori dalla finestra, mentre sentiva i suoi dipendenti congedarsi ed uscire. Solo allora, quasi assorto nei meandri oscuri dei suoi pensieri, mormorò:
    «Questione di percentuali, no?»

    Il modellino della molecola d'acqua già giaceva, spezzato in due, sulle sue gambe.


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    Edited by Elemental! - 1/5/2018, 13:38
     
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    La Stanza delle Simulazioni

    Ogni Simulazione è una esercitazione simultanea di due Elementali suddivisa in tre fasi.

    Fase I: capacità individuali
    Fase II: collaborazione
    Fase III: duello




    SIMULAZIONE 1: Arsenic&Mercury
    CITAZIONE
    ARSENIC
    Potere: le sue mani possono secernere una sostanza viscosa altamente velenosa. Il solo contatto può provocare fastidi come febbre, vomito, affaticamento; i dolori dipendono dalla quantità di veleno trasmesso. Ingerito in grandi quantità può anche arrivare ad uccidere. Se la sostanza si mescola con l'acqua diventa corrosiva.

    MERCURY
    Potere: può staccare qualunque parte del suo corpo (non contenente organi vitali) e trasformarla in una grossa goccia grigia dalla forma tondeggiante, che una volta lanciata su un avversario viene assorbita dalla sua pelle, causando allucinazioni e dolori, con effetti più o meno gravi a seconda del suo umore e della quantità del liquido. Tuttavia, non può riavere il suo corpo nella forma completa finché l'effetto non è terminato.

    Nessuno, prima d’ora, era mai entrato nella Stanza della Simulazioni, e i primissimi ad averne il “privilegio” sono l’Elementale dell’arsenico e l’Elementale del mercurio. Il trainer riferisce ai due ragazzi che saranno di tanto in tanto informati di ciò che accadrà intorno a loro tramite degli altoparlanti. I ragazzi vengono condotti nell’area dove si svolgerà la loro Simulazione che consta di tre prove. La prima prova consiste nel testare le capacità individuali: dei pezzi di carne umana ricucita senza troppa cura ed in forme bizzarre, con delle estensioni in un metallo di natura irriconoscibile, si avvicinano minacciosi ai ragazzi. Gli esseri possono generare da ogni estremità del corpo una sostanza gelatinosa ed appiccicosa dal colore verdastro e immediatamente attaccano i due ragazzi; Mercury riesce a reagire palesando il proprio potere e iniziando ad acquisire una certa determinazione; Arsenic è all’erta, ma non sembra ancora propenso ad esercitare i propri poteri. Con le loro mani, i mostri afferrano i colli dei ragazzi, e Mercury si avventa sul collo dell'avversario con tutta la sua forza, ritrovandosi poi scaraventato dal mostro stesso, mentre Arsenic finalmente secerne veleno, riuscendo ad allontanare l’essere. I ragazzi continuano ad utilizzare i loro poteri, il primo tramite la sostanza che può produrre strappando parti non vitali del proprio corpo e il secondo producendo veleno. Sconfitti i due mostri, il trainer annuncia la seconda fase: la terra inizia a tremare. Dal terreno si apre una voragine profondissima da cui provengono dei lamenti rochi. Improvvisamente, dalla buca fuoriesce un'enorme massa, simile ad una talpa decisamente fuori misura. Si aggrappa al bordo e si posa, con un tonfo, sul pavimento. Per attirare la sua attenzione, Arsenic provoca un rumore che, infatti, distrae la talpa, per poi iniettare altro veleno nel suo corpo. Il mostro, ormai provocato, scaraventa i due ragazzi; Mercury riesce ad utilizzare ancora una volta i suoi poteri mentre Arsenic resta per un po’ stordito, fino a quando non cosparge l’esterno del proprio giacchetto di veleno per poi lanciarlo contro la creatura. Il colpo è debole e i due ragazzi sono spacciati perché hanno fatto infuriare e sbizzarrire il mostro. Neanche riescono ad arrivare alla terza fase.


    SIMULAZIONE 2: Potassium&Magnesium

    CITAZIONE
    POTASSIUM
    Potere: se opportunamente concentrato, può provocare crampi e dolori atroci a comando. Può aumentare o diminuire l'intensità dei dolori a proprio piacimento, ma più aumenta il dolore maggiore è lo sforzo mentale che gli richiede.

    MAGNESIUM
    Potere: può amplificare i poteri degli altri studenti con la mente aumentandone l'intensità, la durata e il raggio d'azione in base a qual è la limitazione dell'Elementale in questione. Il potere funziona solo in prossimità della persona su cui agisce. Il potere ha tuttavia una controindicazione: se è troppo forte rischia di causare del male all'Elementale di cui sta aumentando la forza dandogli la sensazione di bruciare o ritorcendogli contro il suo stesso potere.

    L’Elementale del potassio e l’Elementale del magnesio sono i secondi ad affrontare la Simulazione. Vengono accolti da un trainer che pronuncia parole alquanto macabre che sembrano elettrizzare Potassium e spaventare Magnesium. Introdotti nella stanza e annunciata la prima fase, vengono illuminati due oggetti in lontananza: uno metallico e lucido e l’altro nero e tondeggiante. Restano fermi, e la situazione innervosisce Potassium che, dopo un po’, decide di agire, concentrando le proprie energie e utilizzando i propri poteri, danneggiando, seppur lievemente, il drone. Entrambi i droni tirano fuori degli arti: il primo prova a strozzare Potassium, il secondo prova a sovrastare col proprio peso Magnesium. Potassium riesce a riutilizzare i propri poteri per allontanare l’oggetto metallico da sé mentre Magnesium riesce a scansarsi dall’oggetto di gomma. Essendo un potere mentale quello del primo, l’Elementale cerca di concentrarsi più e più volte per poter provocare dolori nell’essere che, dopo essersi contorto, scaraventa il ragazzo con uno dei suoi arti, provocandogli una ferita non troppo grave; Magnesium, invece, inizia a pensare che sarebbe ora di utilizzare i propri poteri di amplificazione fino al massimo, in modo tale da bruciare il nemico. Infatti, facendo ciò si avverte un odore di gomma bruciata e, allo stesso tempo, l’essere è al massimo delle proprie potenzialità e colpisce tremendamente il ragazzo. I due Elementali continuano ad esercitare i loro poteri con risultati sorprendenti – restandone però colpiti – superando così la prima fase. Inizia la seconda fase, e il mostro metallico diventa grande il triplo. Potassium capisce che è necessario collaborare ed esorta Magnesium ad amplificare i propri poteri; il mostro afferra le loro gambe, ma Potassium è sempre più propenso per la collaborazione e, riluttante, Magnesium amplifica i suoi poteri per qualche istante e l’operazione sembra funzionare. I ragazzi ripetono la collaborazione che si rivela sorprendente, terrificante e letale dato che riescono a sconfiggere il mostro. Viene introdotta la terza fase e viene annunciato che “solo uno sopravvivrà”. Dopo un primo momento di sgomento, Potassium chiede a Magnesium il permesso di fargli del male e gli chiede di promettergli che cercherà di difendersi. Magnesium è piuttosto restio alla cosa, ma Potassium insiste perché, se si fossero rifiutati, la Simulazione non sarebbe mai giunta al termine. Ed è così che l’Elementale del potassio inizia a concentrare i propri poteri per far del male a Magnesium – nonostante tutto ciò sia contro le proprie intenzioni – e l’Elementale del magnesio prova ad amplificare i poteri dell’altro, fino a farlo “bruciare”. I ragazzi hanno combattuto fino all’ultimo respiro e sono stremati, e la Simulazione finisce in pareggio.


    SIMULAZIONE 3: Nickel&Cobalt

    CITAZIONE
    NICKEL
    Potere: dalle mani genera una sostanza irritante che, al contatto con la pelle, causa eruzioni cutanee ed irritazione che perdurano per diverse ore. Se ingerita, provoca dolori intestinali e sensazioni di nausea.

    COBALT
    Potere: è in grado di confondere una persona causandogli una completa amnesia momentanea, cosa da non ricordarsi neanche il proprio nome. Il potere funziona per contatto; come il contatto termina, l'effetto del potere lentamente sparisce da solo.

    Le iscrizioni per la Stanza delle Simulazioni sono aperte; gli Elementali, infatti, possono anche scegliere di loro spontanea volontà di sostenere la prova ed è quello che accade con l’Elementale del nichel e l’Elementale del cobalto. Nickel e Cobalt, entrambi appartenenti al D-Block e impegnati in una relazione sentimentale, decidono di iscriversi nella speranza di poter affrontare la prova insieme e di poter proteggersi a vicenda, ed è esattamente ciò che accade. Vengono accolti da una trainer che, nel modo più affettato e mellifluo possibile, li spaventa e augura loro buona fortuna. I ragazzi si abbracciano, si baciano e cercano di rassicurarsi a vicenda fino a quando una luce rischiara la stanza e dal soffitto piovono due esseri umanoidi dalla pelle grigia senza occhi né naso né bocca. Nickel si prepara ad azionare i propri poter nei confronti dell’umanoide che le si avvicina; Cobalt, invece, si avvicina alla ragazza nel caso di aiuto. Intanto, dal soffitto piovono delle piccole palle fatte di materiali magnetizzati appositamente. In questo modo, Cobalt riesce ad attirare le palle creando un campo magnetico e colpendo l’altro umanoide. Il colpo di Nickel è debole, e l’umanoide prende possesso dei suoi polsi; ruotando i palmi, la ragazza riesce ad irritare la pelle sintetica del nemico. L’altro umanoide cerca di accorciare la distanza tra lui e Cobalt che, ancora una volta, prova ad attirare una delle palle per colpire la sua testa. Gli umanoidi vengono sconfitti e viene annunciata la seconda fase. Delle piccole porzioni di pavimento si aprono e da esse risalgono cinque esseri identici a quelli precedenti ma questa volta dalla pelle verdastra, alti quasi il doppio di quelli precedenti. Il pavimento è adesso riempito di alcuni buchi, e bisogna fare attenzione a non cadervi. I cinque esseri circondano i due ragazzi, creando una sorta di prigione. I fianchi degli umanoidi verdastri si aprono dando origine ad alcuni tentacoli; alla fine di ogni tentatolo, vi è un particolare appiglio magnetico. Per il resto, il loro corpo sembra essere composto di quella che sembra essere semplice carne che, improvvisamente, secerne una sostanza verdastra che inizia a ricoprire lentamente il pavimento. I ragazzi collaborano: Nickel si sposta e si mette in mezzo alle braccia di Cobalt, protraendo le mani e preparandosi all’attacco mentre il ragazzo cerca di attirare a sé i mostri grazie ai loro appigli magnetici. L’idea non sembra funzionare, e allora il piano cambia: concentrando tutta la propria attenzione sul liquido irritante prodotto da Nickel, Cobalt genera un campo magnetico che gli permette di manipolarlo a proprio piacimento senza toccarlo. Scaglia una grande bolla fluttuante in direzione di uno degli umanoidi, sconfiggendolo. Riescono a sconfiggere tutti i mostri e ad arrivare alla terza fase nella quale viene annunciato che “soltanto uno dei due sopravvivrà”. I due ragazzi non reagiscono in alcun modo e la trainer, che ha capito cosa lega i due ragazzi, comanda a Nickel di fare del male al suo compagno di simulazione. In risposta, la ragazza firma la propria condanna, baciando le labbra di Cobalt un’ultima volta. Il gesto innervosisce e provoca la trainer che manda una squadra a prelevare Nickel e a portarla in un luogo sconosciuto (vedi Capitolo 4).


    SIMULAZIONE 4: Antimony&Carbon

    CITAZIONE
    ANTIMONY
    Potere: precisione balistica, ossia la precisione millimetrica nella mira non solo con l'uso di pistole, ma anche coltelli da lancio, frecce e perfino sassi.

    CARBON
    Potere: Carbon può cambiare la durezza del proprio corpo e la sua forma purché la massa resti sempre la stessa: può oscillare dallo stato di fuliggine (che solitamente usa per passare attraverso piccole fessure nelle pareti) allo stato di diamante (adoperato di solito durante gli allenamenti) passando per l’ignifuga grafite, appropriandosi delle particolari caratteristiche di ogni rispettiva forma assumibile dal suo elemento.

    Tempo addietro, l’Elementale dell’antimonio e l’Elementale dal carbonio si erano infiltrati nella Stanza delle Simulazioni quando non era in funzione per cercare di capirci qualcosa. È per questo motivo che, a distanza di tempo, vengono convocati urgentemente e puniti, ritrovandosi a dover affrontare la prova insieme. Antimony è turbata, animata però dal desiderio di uscirne viva per poter rivedere i suoi amici; Carbon, invece, è del tutto eccitato all’idea. Vengono accolti da Mr. Wiley che, poco dopo, annuncia la prima fase: un vento freddo invade la stanza, insieme al brusio simile a quello delle vespe. I nemici sono presenti e difficilmente visibili, poiché si tratta di estensioni filamentose e sottili che vagano per la stanza a velocità elevatissime. Carbon aziona i propri poteri e il suo corpo da nero diviene quasi trasparente, lucido e frammentato, e cammina incurante verso il pericolo. L'attacco del ragazzo si rivela efficace, disintegrando i fili che intercetta provocando un rumore simile a quello di un vetro infranto e, nel recidere il legame filamentoso, percepisce piccole e fastidiose scosse elettriche sul punto di contatto. Antimony nota a terra la presenza di alcuni sassolini e, calcolando meticolosamente il punto d'azione, la forza, la direzione, il verso e la distanza scaglia alcuni sassolini in direzione delle estensioni filamentose. Dopo essere colpita all’avambraccio, la ragazza nota la presenza di una cassa degli attrezzi e tra i vari strumenti sceglie un bastone e, sempre con accurati calcoli mentali, lo tira in direzione dei filamenti con una certa impetuosità. I filamenti vengono recisi e ne restano alcuni difficilmente visibili; Carbon trova dei fiammiferi e, una volta accesi, se li avvicina al corpo, attraversando la superficie frammentata e lucida del suo corpo di diamante, illuminando in questo modo tutti i filamenti attorno a loro in modo tale che Antimony possa ancora colpirli. I ragazzi sembrano anticipare la collaborazione e superare la prima fase con successo. La seconda fase viene annunciata e, d'un tratto, tutti i frammenti a terra si sollevano e vanno a concentrarsi a mezz'aria, iniziando a formare un unico corpo con dei movimenti rapidissimi e sibilanti. Antimony prende dalla cassa degli attrezzi una pistola con gli appositi proiettili mentre il corpo di Carbon cambia nuovamente forma, tornando ad essere scuro e liscio. Il corpo presenta una minuscola parte colorata di bianco e rosso a cerchi concentrici come un vero e proprio bersaglio da colpire, ma difficilmente individuabile per la velocità elevata con cui si muove. La ragazza carica ugualmente la pistola e preme sul grilletto; lo sparo fallisce e il proiettile, rigettato dal corpo in aria, si insinua nella fibra di cui è composto il corpo di Carbon, all'altezza della coscia. Antimony, atterrita, cerca di soccorrere il compagno e si scusa con lui; quest’ultimo sta bene e continua a lottare, mentre il suo braccio assume la forma di uno sperone. Tenta di trafiggere l'oggetto rotante con l'intenzione di rallentarlo, ma ciò avviene soltanto per pochi istanti. La ragazza è troppo stordita e sconvolta per il tentato omicidio e non riesce ad approfittare della situazione; il ragazzo abbraccia la trottola nel tentativo di rallentarla, ottenendo però l’effetto contrario perché il corpo, perdendo la massa, aumenta di velocità. Antimony opta per aumentare la massa del corpo – diminuendone dunque la velocità – facendo aggrappare il compagno all’oggetto rotante, ed è così che Carbon salta su di esso, facendo diminuire notevolmente la velocità del corpo. Antimony spara una seconda volta con estrema precisione, ma il colpo le si ritorce contro e si spara al braccio, provocandosi una ferita lieve ma che comunque la indebolisce di molto; al terzo e ultimo sparo, riesce a centrare perfettamente il bersaglio. L’oggetto rotante trema per poi esplodere: i frammenti che lo compongono vengono sparati via, portandosi dietro Carbon. Il trainer annuncia che non ci sarà una terza prova, e manda le squadre di soccorritori ad aiutare i due Elementali alquanto provati. Un paio di frammenti si conficcano nel braccio già ferito di Antimony che inizia a perdere molto sangue e ad infettarsi; la ragazza sviene per il dolore, il turbamento e la stanchezza; Carbon ne esce ferito, ma non gravemente.


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    Edited by Iodine - 30/6/2016, 01:25
     
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    CAPITOLO 4: ISOTOPIZZAZIONE


    [Evento avvenuto in seguito alla simulazione tra Nickel e Cobalt.]

    «No! Lasciatemi! Lasciatemi andare! Cobalt! NO!»
    Quelle parole risuonavano ancora nella sua gola e riecheggiavano nella sua mente mentre due inservienti della'Accademia mai visti prima la tenevano ferma e la conducevano verso un luogo sconosciuto.
    Nickel si era opposta alla Fase 3 con tutte le sue forze, poiché non concepiva neanche lontanamente l'idea di poter fare del male al ragazzo di cui era innamorata.
    A Cobalt.
    Chissà dove la stavano trascinando! E chissà che fine aveva fatto lui! L'ultima volta che i loro sguardi si erano incrociati era stato nella stanza delle simulazioni, mentre la giovane Elementale veniva accerchiata e resa innocua con due bracciali ai polsi, che poi si erano espansi a coprirle le mani, affinché non potesse toccare nessuno.
    Si sentiva niente più che un animale in gabbia e per diversi istanti aveva provato a liberarsi in un ultimo, stremato tentativo di ribellione. Poi avevano portato via Cobalt dalla sua vista e lei aveva gridato fino a dilaniarsi la laringe. Solo allora, privata della sua motivazione più forte, aveva lasciato che lo sconforto avesse la meglio su di lei, e li aveva lasciati fare.
    L'istinto di sopravvivenza tipico di ogni essere umano la portava ad agitarsi sporadicamente, sperando di cogliere i suoi rapitori di sorpresa, ma non con la stessa forza di poco prima. Per il resto, si limitava a passare lo sguardo dalle sue mani irrigidite dentro quei guanti spessi al cunicolo stretto e poco illuminato che stavano percorrendo.
    Si chiedeva se al suo artista fosse toccata la stessa sorte.

    Non aveva la minima idea di quanto avesse camminato e che tragitto avesse percorso: aveva solo la sensazione di essere scesa nelle fondamenta dell'Accademia, a giudicare dall'odore di umido e dal freddo che penetrava nella sua pelle ancora sensibile dal recente allenamento. Aveva smesso di fare domande, poiché non avrebbe mai ricevuto una risposta: a dir la verità, quei due uomini che la sorreggevano sembravano evitare lo sguardo, far finta di niente. Come se non esistesse o, peggio, non avesse alcuna importanza.
    D'un tratto, le sembrò di scorgere una porta al termine dell'ennesimo cunicolo: doveva essere quella la loro meta. Nickel si agitò ancora, ma fu trattenuta più saldamente, tanto da non riuscire ad opporre resistenza quando aprirono la porta e la scaraventarono dentro senza troppi riguardi, chiudendo a chiave subito dopo. Era una stanza piccola, più o meno delle dimensioni e dall'aspetto dell'interno di un ascensore, dalle pareti rivestite da lamine di chissà quale metallo lucido.
    Dopo qualche istante di sorpresa la giovane si voltò verso la porta e la percosse con le mani indolenzite e pesanti. Aveva ripreso a gridare e a piangere come prima. Poi sentì un sibilo proveniente dall'alto, come se fosse stata azionata l'aria condizionata. Alzò lo sguardo, cercando di individuare la sorgente di quel rumore, ma nel movimento si sentì improvvisamente più debole.
    Le gambe cedettero e si ritrovò in ginocchio, scossa dai colpi di tosse per qualche istante. L'aria era rarefatta, e ad ogni respiro sentiva le sue membra farsi sempre più deboli.
    Ormai era quasi incosciente quando aprirono la porta per condurla nel laboratorio.

    Ebbe bisogno di diversi minuti per tornare a contatto con la realtà, e stavolta si trovava in un luogo ancora differente: era simile al vano dell'ascensore per quanto riguardava lo stile e la gamma cromatica, ma lo spazio era molto più aperto ed erano presenti almeno cinque persone. Nickel era troppo stanca e confusa per contarli, poiché le sembrava di vedere doppio, ed ogni corpo sembrava fondersi con un altro di fronte ai suoi occhi. Le fu facile notare che tutti indossavano camici bianchi e mascherine, e si tenevano a debita distanza da lei, senza prestarle troppa attenzione poiché presi ad armeggiare con arnesi metallici che non riusciva a distinguere. Provò a muovere un passo, ma non vi riuscì. Si rese conto di essere legata per le mani e per i piedi ad una tavola di plastica lievemente reclinata, senza la minima libertà di movimento. Prendendo confidenza con il proprio corpo, inoltre, percepì delle ventose aggrappate alla sua fronte e sul suo collo, insinuandosi anche sotto la maglia, sul suo petto. Aveva sete, e non riusciva a dire una parola.
    Fu infatti per puro caso che uno dei suoi carcerieri si accorse del suo risveglio e, comunicandolo agli altri, si avvicinò cautamente all'Elementale. Si abbassò la mascherina, svelando un sorrisetto irriverente che ormai era quasi costumanza dei dipendenti del Preside Bunsen.
    «Ecco qui la nostra prima ribelle.» la sbeffeggiò con scherno.
    «Eppure vi era stato chiaramente detto che chi si fosse opposto alle simulazioni sarebbe stato severamente punito.»
    Allungò una mano verso il viso della bionda e le lasciò una carezza languida. Nickel tremò al tocco e cercò di scostarsi, senza successo.
    «Mi dispiace proprio rovinarti, sei una così bella ragazza! Ti avremmo volentieri risparmiato se fossi stata mossa da una semplice compassione nei confronti di un alleato. Sarebbe stata una mossa onorevole da parte tua. Ma abbiamo avuto la conferma della gravità delle tue infrazioni per tua diretta ammissione: la piccola Nickel prova qualcosa per l'Elementale del Cobalto. Affetto? Amore? Non ha importanza, è comunque un sentimento ed i sentimenti sono così innaturali ed immondi per la vostra natura che ci siamo ritrovati costretti a fare tutto questo.»
    Nickel tratteneva a stento le lacrime, ansimando di paura e rivolgendo lo sguardo altrove, nel tentativo di isolarsi e di convincersi che in realtà tutto ciò fosse solo un tremendo incubo. L'uomo, con la stessa mano che l'aveva accarezzata, le afferrò la mascella e la costrinse a voltarsi in sua direzione, puntando due occhi indagatori verso i suoi.
    «Lo so, sei pentita e vuoi chiederci scusa. Le tue lacrime parlano chiaro, e lo apprezzo. Ma ciò non è sufficiente. Non lo sarà mai.»
    Con l'ennesimo singhiozzo Nickel cercò nuovamente di sfuggire a quella morsa, e per tutta risposta l'uomo portò la mano sul collo di lei e lo strinse appena. Un sospirò quasi rassegnato, mentre la teneva ferma e con l'altra mano afferrava un lungo ago collegato ad un macchinario tramite un tubicino.
    Osservò i suoi colleghi, quindi solennemente pronunciò:
    «Isotopizzazione. Nickel-56. Primo tentativo.»
    E fece penetrare l'arnese nella carne del braccio della giovane.
    Per Nickel fu solo questione di istanti prima del buio più totale.

    **

    Nickel quella sera non fece ritorno nella sua stanza, e così per svariate altre notti. Cobalt è l'unico ad essere a conoscenza del fatto che sia stata portata da qualche parte, ma nessuno sa esattamente dove. Qualcuno potrebbe notare l'assenza prolungata della ragazza, in particolare coloro che hanno legami con lei in qualche modo. Cobalt può decidere se comunicare ciò che ha visto oppure tenerselo per sé.

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    Edited by Elemental! - 1/5/2018, 13:46
     
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    QUEST: "Festa" di Halloween



    Solitamente, gli Alkali organizzano feste per ogni occorrenza, ma per quest’anno le cose sono andate diversamente. Si respira un clima alquanto cupo in accademia a causa delle voci di Lead e di strane urla provenienti dai sotterranei; inoltre, una ragazza è scomparsa, ma pochi sono gli Elementali a saperlo, o perché è stato loro riferito o perché lo hanno visto coi loro occhi.
    Antimony, Pnictogen, è a conoscenza della scomparsa di Nickel, D-Block, grazie alla testimonianza dell’infermiera Iodine, Halogen, che ha potuto curare il provato e sconvolto Cobalt, D-Block, dopo aver sostenuto la Simulazione. Antimony è decisa a rivelare a tutti il grande scandalo e non solo: vuole poter stimolare la sete di giustizia dei suoi compagni e accendere nei loro cuori il desiderio di libertà, spingendoli alla ribellione. È per questo motivo che infila negli armadietti degli Elementali un volantino preparato da lei stessa: si tratta di una tenebrosa festa di Halloween organizzata nel laboratorio di chimica ormai inagibile e dimenticato da tutto e tutti. Ovviamente, si tratterà soltanto di una riunione clandestina, ma Antimony non è decisa a svelarlo immediatamente preferendo utilizzare questo espediente per una questione di segretezza e perché sa come gli Elementali amino le feste organizzate dai popolari Alkali.
    Accompagnata al laboratorio di chimica dai fedelissimi Arsenic e Nitrogen – che sono completamente all’oscuro dei piani della ragazza – Antimony attende l’arrivo degli Elementali. Man mano la sala si riempie di invitati, ma vi è un piccolo imprevisto: Lead, intuendo che non vi sarà nessuna festa e spaventato dalle piega che potrebbe prendere la serata, inizia a dare di matto e a ripetere più volte di non aver visto nessuna stanza sotto l'ufficio del preside. Mercury, nel tentativo di rassicurare Lead toccandogli la spalla, provoca una reazione eccessiva da parte dell’altro che, ricordandosi di aver ricevuto lo stesso tocco da parte del preside Bunsen, inizia ad urlare e a correre per poi cadere a terra.
    Iodine corre in suo aiuto per rassicurarlo, ed Helium fa lo stesso senza però sfiorarlo; involontariamente Lead si ritrova ad azionare il suo potere che si trasmette per contatto ed è per questo motivo che, essendo toccato da Iodine e toccando casualmente Helium, i due Elementali si ritrovano ad assistere alle sue terrificanti visioni, iniziando a vedere i mostri che popolano la sua mente. Iodine scoppia a piangere, terrorizzata; Helium si sente del tutto stordito e confuso. Arsenic, Potassium, Chlorine e Antimony intervengono, dando dell’acqua ai ragazzi e cercando di tranquillizzare i tre Elementali.

    Quando la situazione sembra placarsi, Antimony può iniziare il suo discorso, dichiarando di essere consapevole di aver condotto i suoi compagni fin lì con l’inganno e che probabilmente molti di loro avevano soltanto intenzione di divertirsi, ma come si suol dire “il fine giustifica i mezzi”. Inizia a parlare di come l’Accademia sia sempre stata la loro unica realtà, circondata da una muraglia che ha sempre provato a scavalcare, invano, per scoprire cosa potesse esserci al di fuori di essa. Menziona il loro primo giorno all’Accademia, sottolineando come nessuno di loro – lei compresa – ricordi o sappia cosa ci sia stato prima di esso. L’Accademia è da sempre stata la loro casa, ma da un po’ di tempo le cose sembrano essere cambiate: la “questione Lead” ha gettato tutti nel panico e nella confusione, chi più chi meno, e che motivo avrebbe il ragazzo per mentire e raccontare frottole? È ovvio che ciò che racconta è del tutto vero.
    La ragazza cerca di risvegliare la rabbia nei ragazzi per essere stati definiti “macchine da guerra”, per essere trattati giorno dopo giorno come delle pedine e per essere destinati a diventare dei mostri o chissà cosa, il tutto contro la loro volontà. Ricorda le urla provenienti dai sotterranei, le Simulazioni, i sottoposti che ne sono tornati sconvolti, per poi rivelare la notizia: Nickel, D-Block, è scomparsa. Nessuno sa dov’è Nickel, nessuno sa cosa accade nei sotterranei dell’istituto. Nessuno, finora, è mai riuscito ad avere un dialogo con il preside Bunsen, nessuno sa cos’è successo alla compagna scomparsa. Antimony cerca di risvegliare l’indignazione, la rabbia, la paura, il ribrezzo, spingendo gli Elementali ad agire, a ribellarsi, a lottare insieme a lei. Come possono ancora pensare di continuare a vivere in quelle condizioni, sapendo di poter scomparire da un giorno all’altro?

    Il primo a spezzare il silenzio esprimendo il proprio consenso alle parole di Antimony è Cobalt, seguito da Iodine e Carbon. Lead, improvvisamente, svela che le urla provenienti da quei sotterranei erano quelle di un altro Lead e che lui aveva assistito, minacciato dal preside Bunsen di non spifferare nulla di quanto avesse visto. Dopo le parole di Lead, è Helium ad esprimere il proprio consenso al discorso di Antimony.
    Arsenic, colpito dalle parole di Lead, inizia il suo discorso, sottolineando come in quell’accademia siano spietati e destinati a torturarli per non far sapere cosa bolle in pentola. Anche lui cerca di risvegliare un minimo di amor proprio nei suoi compagni Elementali, sottolineando come tutti abbiano il diritto di avere una loro vita e di non vivere nel terrore e nell’ignoranza. Si sofferma sulla pericolosità dei loro poteri che, più dei doni, sembrano essere delle maledizioni dato che corrono costantemente il rischio di ferire i loro amici, e si sofferma su quel libero arbitrio e su quella libertà di scelta che ormai sembrano essere sempre più rari lì dentro. Chlorine è colpita dalle parole del Pnictogen e anche lei esprime il suo consenso; Mercury e Magnesium si limitano a tacere, visibilmente in subbuglio.

    Potassium, invece, interviene con un secco e sarcastico applauso, accusando Antimony e Arsenic di voler imporsi come “tiranni” e di voler manipolare le masse con le loro parole e i loro giochetti di complotto facendosi passare per dei leader della pace. Non perdona di certo l’inganno con il quale sono stati portati lì dentro – essendo un Alkali, Potassium può infatti affermare che quell’incontro non è stato organizzato dal proprio gruppo – e cerca di sottolineare come sia pericoloso per loro cercare di andare via, non sapendo – giustamente – che cosa vi è al di fuori della Muraglia, preferendo dunque restare in quel Sistema che “ha sempre funzionato efficientemente”. Nitrogen accusa Potassium di voler sabotare la riunione e, arrabbiata, parla di democrazia, invitando ognuno a scegliere come meglio crede, sottolineando però il fatto che, comunque, Lead dice la verità e Nickel è pur sempre scomparsa.
    La riunione continua ancora per un po’ in modo molto acceso – in particolar modo, il battibecco tra Antimony e Arsenic contro Potassium si fa sempre più tagliente, anche se i due Pnictogens cercano di incanalare la loro rabbia e trattenersi per non intaccare la loro reputazione – fino a quando la ragazza, nel tentativo di fare chiarezza con se stessa e con quello che sta accadendo, dichiara sciolta la riunione, affermando di voler trovare altre occasioni per discuterne. Per qualsiasi dubbio, gli Elementali sapranno sicuramente a chi rivolgersi.


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    Edited by Iodine - 30/6/2016, 01:35
     
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    CAPITOLO 5: L’INFILTRATO



    Quella che si respirava in quella giornata di dicembre era un’atmosfera piuttosto particolare, come una specie di silenzioso fermento, di trepidante stizza, di contrastante sollievo. Una squadra composta da una dozzina di ricercatori esaminava con attenzione i monitor, regolava manopole, calibrava sensori; raramente venivano pronunciate delle parole e, di tanto in tanto, si udivano le notifiche di chissà quale ingegnoso dispositivo.
    Quasi timorosamente, qualcuno osava voltarsi verso il superiore per studiarne lo sguardo che, fisso sull’ampia vetrata che occupava un lato intero della stanza, appariva molto irritato.
    D’un tratto, un sussulto del comandante della squadra interruppe quel fragile equilibrio che si era lentamente formato.
    «Risponde agli stimoli», fu tutto ciò che disse, e fu sufficiente affinché tutti i ricercatori lasciassero le loro postazioni ed accorressero alla vetrata il più velocemente possibile. Da lì si poteva avere una vista chiara e privilegiata su una grande stanza dalle pareti metalliche, del tutto simile alla ormai banale Stanza delle Simulazioni. Al centro vi era una brandina collegata ad un pilastro rivestito, da cui fuoriuscivano filamenti e tubi elastici che si diramavano ed avvolgevano interamente il giaciglio. Su questo, immobilizzato, stava il corpicino di Nickel...o meglio, ciò che restava della ragazza. La sua pelle era diafana fino all’inverosimile e le vene superficiali, di un verde brillante quanto innaturale, spiccavano come rigagnoli di colore su una tela bianca: ciò era evidente sulle braccia scoperte; il resto era stretto in una tuta elasticizzata e rinforzata, completamente nera. Ma il dettaglio più terrificante, più raccapricciante, più inquietante di quella giovane cavia erano gli occhi, verdi anch’essi, ma puntati staticamente verso il soffitto, privati di ogni forza vitale o della più mera curiosità di studiare l’ambiente circostante. Dopo giorni di attesa si era finalmente svegliata, ma era come se dormisse ancora. Forse la Nickel che tutti conoscevano avrebbe dormito per sempre.
    Esclamazioni di giubilo da parte del team di ricercatori riempirono il silenzio; erano chiaramente compiaciuti del successo dell’ultima isotopizzazione, ma furono immediatamente taciuti dal movimento deciso del capo del superiore che, con un colpetto di tosse, parlò con tono solenne.
    «Il Nickel-56 sembra stabile. Annotate tutti i valori statistici e i parametri fisico-chimici del soggetto, quindi procedete con la discussione sperimentale nella sala meeting. Scenderò personalmente ad accertarmi dei parametri vitali dell’Elementale una volta che questa stanza sarà preventivamente evacuata e schermata da eventuali decadimenti radioattivi, quindi aggiornerò il database. Ottimo lavoro.»

    Una volta scese le scale metalliche che collegavano i due ambienti, il capo del team di ricerca fece il suo ingresso nella stanza dell'Elementale.
    Gli occhi di lei, puntati verso il soffitto, rotearono appena. Respirava, seppur impercettibilmente. Il braccio si mosse leggermente, distendendosi lungo la brandina. Quelli erano gli unici, lievissimi, insignificanti movimenti che l’isotopo del Nickel osava compiere. Il ricercatore allentò i lacci che la tenevano imbrigliata, quindi pronunciò «Alzati» con tono duro e solenne.
    La ragazza mosse debolmente il capo in direzione di quella voce.
    «Sbrigati! Non abbiamo chissà quanto tempo».
    La fretta dell’altro sembrava non provocare alcun effetto in Nickel che, apaticamente, si limitò a sedersi sulla brandina con la schiena eretta.
    L'uomo le si avvicinò. Con fare circospetto studiò l’ambiente a sé circostante, lanciando un'occhiata alla vetrata della camera di controllo per assicurarsi che nessuno dei suoi sottoposti fosse tornato sui suoi passi e lo stesse osservando.
    Sorrise, soddisfatto dell'esito negativo della sua veloce ispezione, dopodiché tornò a guardare la giovane, che attendeva inerte. Allungò una mano in direzione di Nickel e le scostò i capelli con delicatezza, per poi premere due dita dietro il suo lobo dell'orecchio. Con quel gesto, in realtà, aveva inserito una sorta di ricetrasmittente dalle dimensioni millimetriche sotto la pelle dell'Elementale, che si sarebbe automaticamente messa in funzione nel giro di alcuni minuti.
    «Tu lavorerai per me, non per loro.»
    Proferì, scrutandola con attenzione.
    «Anche se non mi vedrai, saprò come mettermi in contatto con te. Devi soltanto fare quel che ti dico: distruggeremo questo posto dalle fondamenta.».
    Non aggiunse nient'altro, limitandosi a guardarla e a sistemarle i capelli per nascondere il suo orecchio. Quindi non la degnò più di uno sguardo, dedicandosi alla riscrittura dei parametri vitali espressi su un piccolo schermo affisso al pilastro di sostegno, e poi si allontanò con tutta la tranquillità del mondo.
    Nickel si distese nuovamente e tornò a guardare il soffitto con i suoi occhi spenti.

    Soltanto il giorno dopo fu reintrodotta nel Sistema. L’isotopo del Nickel era finalmente ricomparso tra i corridoi dell’Accademia Mendeleev, ma /nulla/ sarebbe tornato come prima.

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    Edited by Elemental! - 1/5/2018, 13:47
     
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    (Envisioned by MAD Architects)

    CAPITOLO 6: ADAMANTANE



    Sfilava con passi brevi ma decisi, la falcata sicura di chi avanza per conquistare. La postura impeccabile, il mento leggermente sollevato, i corti capelli scuri e leggermente ondulati che ondeggiavano appena ad ogni suo movimento, la donna percorreva il lungo corridoio senza nemmeno preoccuparsi di gettare uno sguardo attorno a sé, del tutto indifferente agli sforzi che una parte dei suoi colleghi – la sua squadra – aveva edificato per rendere più credibile la farsa.
    A che pro, infine?
    Ogni cosa in quel luogo non era altro che sovrastruttura, scenografia, distrazione. Oh, quanto detestabili le risultavano le inutili commedie, illogiche rappresentazioni del reale! Per trovare della sostanza, in quel luogo, era necessario scendere almeno fino al sottosuolo, affondare nelle radici, quasi che ogni altra ala dell’Accademia non fosse altro che un vecchio ramo secco da sfoltire. D’altra parte, era risaputo, ogni rappresentante di un determinato progetto, disegno, in ultima analisi è fermamente convinto di esserne il tassello determinante.
    Cosicché la donna non prestò orecchio all’irrilevante brusio alle sue spalle, e se annuiva di tanto in tanto era per lo più a causa di un riflesso meccanico. Nulla di quei sussurri veniva davvero registrato, poiché tutte le informazioni di cui necessitava erano già state attentamente analizzate e memorizzate nel fascicolo che ora teneva saldamente sottobraccio: ogni altro “consiglio”, così come si ostinava a definirlo quel piccolo stuolo che l’accompagnava, non era dunque solo fastidioso, ma semplicemente superfluo.
    Le possenti porte dell’auditorium comparvero infine nella sua visuale e le labbra color vinaccia dell’impeccabile estranea si stirarono a fatica in un freddo gesto d’intesa ai colleghi prima che la sua figura magra e rigida si voltasse in un gesto brusco, facendo il proprio ingresso ufficiale nell’Accademia Elementale Mendeleev.
    Da qui, il suo viaggio proseguiva in solitario: la sua sagoma alta e immacolata s’arrampicò velocemente sul piccolo podio che le era stato preparato - alle spalle un mastodontico schermo ora spento - mentre il resto del suo stuolo - i docenti che avevano deciso di accompagnarla - prendeva silenziosamente posto con altrettanta solerzia accanto al palco.

    Le sue iridi scure come l’inchiostro abbracciarono calcolatrici l’intero stanzone, e per lunghi istanti il suo sguardo aleggiò in particolare sul suo giovane pubblico, indugiando di tanto in tanto su questo o quell’altro volto.
    Alcuni le erano riconoscibili, altri del tutto nuovi.
    Naturalmente nessuno ricordava lei.
    Nessuno si ricordava mai di lei.
    Tutti dormivano quando lei si aggirava fra le radici di quel grande albero, quel laborioso alveare nascosto, cunicoli celati alla luce del sole. Se il suo intelletto avesse amato trastullarsi con il mondo della fantasia, avrebbe potuto sentirsi accomunata ad una di quelle creature portatrici di sonno ed oblio.
    Sotto il suo sguardo analitico, affamato di dati, anomalie da registrare, il brusio che rallegrava la sala trovò rapidamente una morte naturale e precoce. Ora tutti quegli occhi ignari, inconsapevoli, la fissavano con curiosità e diffidenza.
    Era ora di cominciare.

    «Miei cari studenti dell’Accademia Mendeleev!» attaccò la donna con voce chiara e tonante.
    Era una combinazione che si sarebbe potuta definire peculiare, con quegli alti zigomi e quei tratti taglienti, eppure, al contempo, una voce calda e densa come il miele, viva e pulsante di un entusiasmo inebriante, quasi ipnotico.
    Ed un inizio alquanto interessante, dato che nessuno dei giovani lì riuniti avrebbe potuto dire di averla mai vista in quel luogo prima d’ora.
    «È con orgoglio che sono qui oggi per annunciare che importanti cambiamenti sono in serbo per voi! Grandi forze sono all’opera per ricompensare i vostri sforzi e la vostra fedeltà verso quest’istituto!»

    Qual era il suo nome?
    Appuntato ad una delle tasche di quello che sembrava un candido soprabito leggero, di un bianco quasi luminoso, vi era un piccolo rettangolino di colore pallido, apparentemente anonimo.
    Un...tesserino?
    No. più probabilmente un semplice pass fornitole dal preside Bunsen.
    Perché non si era presentata?
    La platea era troppo distante dal podio per riuscire a distinguere i minuscoli caratteri stampati su quel cartellino. E in ogni caso la luce dei faretti faceva letteralmente scintillare quel badge plastificato in mezzo a tutto quel bianco.

    «Confido che tutti, almeno una volta, abbiate sentito nominare la nostra Adamantane, la cittadina che si erge al di fuori di questa struttura…
    Ebbene, Adamantane ora reclama a gran voce il vostro aiuto, Elementali, il vostro sostegno!
    In molti durante la vostra permanenza qui hanno dato prova di essere individui unici e preziosi, desiderosi di allargare i propri orizzonti e mettere le proprie potenzialità a disposizione del progresso, del futuro… Per costruire insieme qualcosa in grado di migliorare la nostra condizione di individui...e di sognatori
    Una breve pausa, un improvviso silenzio attentamente ricercato.
    Di fronte a quel vuoto inaspettato le parole della sconosciuta risuonavano come un boato assordante.
    La donna sapeva esattamente quando fermarsi e quando proseguire, quale concetto enfatizzare e quale parola utilizzare per accarezzare la mente di giovani affamati di cambiamento. Dopotutto era lì per quell’esatto scopo.
    «...ed è per questo che, grazie all’approvazione del nostro preside Bunsen, si apre ora a voi un nuovo mondo, una nuova realtà!

    Adamantane

    Una luce improvvisa, e il grande schermo alle sue spalle prese vita.
    Davanti a tutti quegli occhi confusi, tramite un’inquadratura aerea sapientemente ricercata per esaltarne ogni singolo dettaglio, ecco stagliarsi nell’auditorium ora in penombra le immagini scintillanti della città.
    Palazzi dall’architettura sinuosa ed accattivante, ampie vetrate in grado di catturare e riflettere ogni minimo cambiamento di luce, ogni sfumatura del cielo mutevole sopra le loro teste. Ogni struttura dava l’idea di essere stata scolpita nel codice dell’efficienza, ambienti minimali e funzionali che restituivano un’atmosfera asettica e immacolata.
    La perfezione, o quantomeno l’ossessiva ricerca di essa.

    «La nostra città gioiello!» sottolineò la sua voce appassionata «Il nostro piccolo paradiso!
    E solo la vostra partecipazione potrà continuare a renderla tale!
    Da questo momento in poi, cari studenti, cari Elementali, ogni fine settimana ad ognuno di voi che desideri sperimentare un altro tipo di esistenza, continuando a migliorarsi, verrà aiutato e incoraggiato a ricoprire un’importante carica all’interno del nostro sistema, una mansione che gli permetterà di contribuire in prima persona al benessere e alla ricchezza della nostra cittadina!
    Ma non ci aspettiamo certo che il vostro spirito indomito, votato ad intagliare e ridefinire il concetto stesso di Futuro, rimarrà inascoltato, e il vostro sostegno sottovalutato!»

    Le labbra scure s’impietrirono, il fiume di parole parve improvvisamente prosciugarsi. La sconosciuta sorrise, un sorriso ampio e famelico, tirato sui denti regolari e bianchissimi.
    Il busto proteso in avanti, verso il suo pubblico, una delle mani curate a ghermire l’estremità del podio come unghioni di rapace pronti a scattare.

    «Dopotutto siamo perfettamente consapevoli dei bisogni e dei desideri di ognuno di voi…

    ...e purtroppo ci rendiamo conto che non sempre l’Accademia può provvedervi come vorreste...»

    Si trattò di poco più che un battito di ciglia, ma nello stanzone affollato qualcosa serpeggiò gelido fra le ombre, strisciando fra le menti dei presenti come taglienti squame d’inquietudine.

    «...ecco perché al vostro costante apporto corrisponderà una ricompensa mensile fissa di 50 Elettroni, che potrete spendere e far fruttare nel modo in cui più preferite!
    Il commercio ad Adamantane sta crescendo esponenzialmente grazie ai nostri pregiati ed inimitabili prodotti, e sono più che certa che fra i nostri negozi ognuno di voi potrà trovare tutto ciò che preferisce, perfino preziosi artefatti in grado di aiutarvi concretamente nella vita che conducete qui all’Accademia Mendeleev!
    E naturalmente, ogni altro aiuto extra deciderete di concederci sarà attentamente valutato e ricompensato adeguatamente, cosicché tenete bene a mente che la vostra risposta conta, e che ogni forma di contributo è più che ben accetta!»
    I suoni che uscivano dalla sua bocca erano di nuovo armoniosi e melliflui, nessuna traccia di disagio o sospetto nell’aria - emozioni che ora sembrava impossibile far partorire in un lasso di tempo tanto breve.
    Sul palco il discorso giungeva alla sua trionfale ed entusiasta conclusione, mentre qua e là le luci tornavano pian piano a riaccendersi.

    «Spero di poter accogliere numerose candidature entro la fine di questa giornata! Insieme possiamo costruire qualcosa di unico!
    I vostri gentili docenti provvederanno a distribuirvi la lista delle mansioni nelle quali ci auguriamo di poter trovare presto il vostro appoggio…
    Nel frattempo, vi ringrazio dal profondo del cuore per la vostra attenzione, studenti dell’Accademia Elementale Mendeleev!
    Speriamo di rivederci presto fra le strade di Adamantane!»

    Un applauso sbocciò riguardoso fra le mani del personale scolastico presente.
    La donna si guardò attorno un’ultima volta, stampato sul viso algido quell’ampio sorriso innaturale che non si estendeva a nessun’altra parte del suo volto.

    Infine, così com’era spuntata, la sconosciuta sparì sola, inghiottita oltre le massicce porte dello stanzone, quel suo strano soprabito immacolato a svolazzare appena sopra la sua figura, quasi che la rigidità del corpo potesse estendersi anche agli abiti che indossava.
    Solo una cosa ora testimoniava il suo passaggio.
    Sullo schermo ancora illuminato, ora appena visibile, le immagini di Adamantane risplendevano in tutta la loro bellezza, i palazzi che luccicavano come diamanti in una fredda notte senza luna.

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    Edited by Elemental! - 1/5/2018, 13:49
     
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    CAPITOLO 7: FUGA DI GAS



    Le cose non stavano andando come previsto, in quell'Accademia. Troppe ribellioni, troppe poche repressioni. Un cambiamento era, a parer dei piani alti, necessario ed urgente.

    Lo staff dell'Accademia sembrava essersi fatto più silente: era sempre più raro incrociare il cammino di qualche tecnico, trainer o professore fuori dagli orari di lavoro, mentre gli Elementali venivano sovente lasciati a se stessi.
    O almeno, questo era ciò che trapelava ad un primo, disattento sguardo.
    Per chi conosce i meccanismi dell'Accademia, è banale capire che chiunque veniva osservato e studiato in ogni momento e che il palesarsi di qualche individuo non potenziato poteva significare solamente che si era impegnati a macchinare qualcosa di molto più complesso, che prima o poi sarebbe piombato come una scure sulle vite dei residenti di Adamantane. E quel momento era effettivamente più vicino di quanto si pensasse, poiché il passo successivo nel progresso tecnologico e scientifico della ricerca nel progetto Adamantane aveva tutte le potenzialità per diventare un punto di svolta.

    Gli operatori dei sotterranei, le menti più brillanti del globo, erano riusciti a sintetizzare una sostanza in grado di cambiare le sorti di tutta la società interna alla Muraglia. Profondamente raffinata e stabilizzata, il composto era stato trasformato in stato gassoso, di un colore giallo paglierino, e contenuto in una enorme camera stagna che occupava una speciale stanza nei sotterranei. Una serie di tubi pareva connetterla con il soffitto, tubi che si propagavano su di esso e sulle pareti come fosse un gigantesco albero metallico che si dipanava da uno sproporzionato seme. Nel resto della stanza, postazioni che ospitavano strumenti e computer impostati sulla misura di specifici parametri. Una delle quattro pareti laterali era dotata di una ampia vetrata oscura, dalla quale si presumeva che gli addetti monitorassero la situazione senza rischiare di entrare in contatto con il gas.

    In effetti, il laboratorio dall'altro lato della vetrata era rimasto sempre molto affollato negli ultimi mesi, con camici bianchi inamidati che svolazzavano da una parte all'altra per parlottare, pianificare e verificare. Quella sera, tuttavia, la stanza era silenziosa e buia, con le uniche fonti di luci provenienti dal vetro stesso. Solo un uomo era presente e stava contemplando la visuale con lo stesso interesse di un critico d'arte di fronte ad un capolavoro rinascimentale. L'individuo sembrava aver ridotto le sue funzioni vitali per non rompere quel religioso silenzio disturbato solamente dal ticchettio di qualche lancetta o dall'attivazione saltuaria del condotto di aerazione. Semplicemente se ne stava lì, vestito di tutto punto nella sua tenuta formale da laboratorio priva di qualsiasi tesserino identificativo: d'altra parte, il preside Bunsen non aveva bisogno di presentazioni con nessuno dei suoi dipendenti.

    Tale spettacolo incantava l'uomo, tanto da fargli perdere ogni cognizione del tempo e dello spazio. Non un'espressione sul suo volto rigido, non un movimento involontario di un singolo muscolo: tutto era minuziosamente controllato e regolato nella mente del capo supremo della comunità - quantomeno, fino a quel momento.
    Il rimbombo di un paio di tacchi nel corridoio vicino alterò l'equilibrio spettrale di quella situazione, ma non turbò abbastanza Bunsen: egli, infatti, riteneva che qualche semplice operatrice stesse concludendo il turno ed avviandosi nel suo alloggio, ad Adamantane, non facendo il minimo caso alla porta chiusa della sala di controllo. Tuttavia, qualche ulteriore dubbio venne alla sua mente una volta udito il tonfo della porta stessa, seguito da un ticchettio di tacchi ancora più vicino. Immediatamente, Bunsen si voltò, con uno sguardo indagatore e minaccioso.
    Mrs. Elion, appena a qualche passo da lui, non sembrò per nulla spaventata da questa occhiata. L'uomo piegò un angolo della bocca e la ammonì, severamente:
    -Non dovresti essere qui.-
    Anche questo non sortì l'effetto sperato, causando al contrario un sorrisetto beffardo e malizioso sul volto dell'insegnante.
    -Oh, lo so! Ma tu hai intenzione di cacciarmi, piuttosto?-
    A quelle parole Bunsen non seppe rispondere. La fissò da capo a piedi per qualche istante, per poi tornare di spalle, ad osservare la visione nella stanza adiacente. La Elion sorrise, soddisfatta, avvicinandosi al suo superiore e, molto poco professionalmente, facendo scorrere una mano lungo la sua schiena, prima di disporsi al suo fianco.
    -Confesso di essere piuttosto impaziente. So che stasera rilascerai il gas, ed hai tutte le ragioni per essere in agitazione. Ma una volta fatto questo.. beh, tocca a me entrare in gioco. - fece la donna, con un sorrisetto divertito.
    -C'è bisogno di riformare gli Elementali. Devono essere contenuti.- proferì in risposta il preside, senza voltare lo sguardo in direzione della sua interlocutrice.
    -Oh, non c'è nessun problema: questo è ciò che so fare meglio.- lo rassicurò la professoressa. Stavolta, le sue parole fecero spuntare un sorriso sul volto tetro di Bunsen.
    -Beh... Anche un paio di altre cose non ti vengono così male...- mormorò, facendo scorrere una mano bramosa sui fianchi di lei.
    La donna si avviluppò a lui ricambiando il sorriso, per poi avvicinare il volto all'orecchio dell'uomo e mormorare:
    - Se vuoi, possiamo verificarlo sperimentalmente... Non ti resta altro che premere il pulsante del rilascio e potrai goderti tutte le altre "cose" per stasera...-
    Senza farselo ripetere due volte, Bunsen raggiunse con la mano libera la plancia di comando e avviò la procedura.


    Un lieve sibilo proveniente dalle condutture si diffuse nelle stanze dei dormitori. Un rumore persistente ma impercettibile per chiunque fosse assopito, e dilazionato nel tempo per non destare sospetti in chiunque fosse rimasto sveglio. Il gas venne rilasciato a intervalli regolari per tutta la notte in ognuna delle stanze, dopo aver isolato l'area da chiunque non dovesse essere esposto alla sostanza. Alle cinque della mattina, poi, tutte le imposte si aprirono simultaneamente, consentendo un ricambio quasi istantaneo di aria e allo stesso tempo costringendo gli intontiti Elementali ad una sveglia alquanto brusca.
    Subito dopo, la voce di una donna risuonò agli altoparlanti dell'edificio, distribuiti in ogni corridoio, con un tono monotono e fintamente cortese:
    "Gli studenti sono pregati di recarsi immediatamente nel punto di raccolta esterno. Gli studenti sono pregati di recarsi immediatamente nel punto di raccolta esterno."
    Ad attenderli, trainer e docenti, pronti a verificare i risultati del massivo esperimento. Lo scopo del gas era, infatti, quello di diversificare, mutare e potenziare i poteri di ogni singolo cadetto in maniera del tutto imprevedibile. Gli studenti, in quella fatidica notte, erano entrati in possesso di una forza del tutto nuova che scorreva nelle vene e avrebbero ben presto scoperto di cosa altro sarebbero stati capaci da quel giorno in poi... sempre che si fossero dimostrati sufficientemente possenti per possedere e controllare un potere di tale entità.

    Mentre i test proseguivano senza sosta, il cielo sopra la Muraglia iniziò a rischiararsi. Era l'alba di una nuova era per l'Accademia Mendeleev.

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